La storia finora: arrivati a Mosca per salvare Natasha Romanoff, accusata di aver tentato di assassinare il Presidente ed il Primo Ministro della Federazione Russa, i Vendicatori Segreti si sono trovati nel bel mezzo di un complotto per sovvertire gli equilibri politici di quella nazione e forse del mondo intero. Braccati dalle forze di sicurezza e dalla Guardia d’inverno, i nostri eroi assieme a Devil, Natasha e il Guardiano Rosso hanno una sola possibilità di fermare lo spietato Mike Rogers e la sua squadra di assassini e non possono fallire.
#29
LE NOTTI DI MOSCA
Di
Carlo Monni & Carmelo Mobilia
CONTINUA
DA THE MARVELIT TEAM UP #33
Piazza Rossa. Il mattino dopo.
Una delle piazze più famose del Mondo era presidiata come di rado era accaduto nella sua storia.
Mescolate alle divise della Politsiya c’erano quelle della Guardia Nazionale, il nuovo corpo speciale con compiti di antiterrorismo.
Un occhio attento avrebbe anche riconosciuto gli agenti del F.S.B.[1] in borghese, vestiti di nero e, infatti, a Steve Rogers non erano sfuggiti. A dire il vero anche lui sfoggiava la medesima tenuta: lo S.H.I.E.L.D., tramite Yuri Petrovitch, il “fratellastro”[2] di Natasha, gli aveva fatto avere documenti, perfettamente identici agli originali, che identificavano lui, Donna Maria e Jack Monroe come agenti del F.S.B.; come avesse fatto la sezione ucraina dello S.H.I.E.L.D. a falsificare così perfettamente quei documenti era una domanda da non porsi.
Yelena Belova non aveva avuto bisogno di coperture: era lì ufficialmente come l’agente speciale del G.R.U. Vedova Nera.
Quanto all’altra Vedova Nera, Steve l’aveva vista nella dacia che era il loro rifugio parlottare un po’ con Yuri e Vazhin.
Cosa si fossero detti era un mistero. Al mattino se n’era andata e Vazhin era stato molto evasivo su dove fosse e cosa avesse in mente anche se sia Steve che Devil erano convinti che lo sapesse benissimo.
Steve accantonò quei pensieri per concentrarsi sull’immediato.
<Visto qualcosa?> chiese parlando al laringofono installato nel costume sotto la camicia.
<<Dalla mia parte nulla.>> rispose da un’altra parte della piazza Donna Maria.
<<Nulla nemmeno qui.>> aggiunse Nomad.
Eppure Steve era convinto che Mike Rogers fosse lì a supervisionare personalmente il suo piano proprio come stava facendo lui. Sì, era lì, Steve lo sentiva, ma dove?
Su uno dei palazzi limitrofi, intanto, il Soldato d’Inverno e Devil erano impegnati nella caccia a Crimson Commando, l’uomo incaricato a premere il grilletto. Bucky aveva scelto il tetto, pensando che quella sarebbe stata la postazione che avrebbe scelto per sparare, se fosse stato lui a dover eseguire l’omicidio, ma di Bohannan non vi era traccia.
Devil si mise seduto nella posizione del loto, posa tipica dello yoga, e rimase in silenzio, come se stesse meditando. Bucky lo fissava incuriosito; “Lascialo fare, senza porgli domande” gli aveva detto Steve “Ho totale fiducia in lui.” e lui non aveva contestato: evidentemente i due avevano avuto a che fare, in passato, quando Steve era Capitan America, e ne conosceva i segreti... o perlomeno alcuni.
Devil stava immobile, con le gambe incrociate, in assoluto silenzio. Buck non sapeva che stava utilizzando i suoi ipersensi per captare la presenza del suo obiettivo. Concentrandosi ampliava il campo d’azione del suo radar, del suo udito e del suo olfatto, mappando tutta la zona circostante il Cremlino.
La cosa andò avanti per diverso tempo, quando all’improvviso Devil scattò in piedi. I suoi sensi avevano captato i segni vitali di un cyborg.
<Che succede?> domandò Bucky.
Matt Murdock non gli rispose ma la sua voce risuonò forte e chiara negli auricolari di Steve e degli altri:
<<Il furgone della TV, sulla destra. C’è qualcosa che non va.>>
Furgoni della TV? Ce n’erano diversi. Dopo il recente fallito attentato al Presidente Russo[3] le più importanti reti televisive mondiali avevano mandato una loro troupe a seguire un evento che normalmente avrebbero trascurato. Un’ottima copertura per Rogers ed i suoi.
Era stato seguendo i notiziari che Steve aveva appreso che la Presidente del Consiglio della Federazione Irina Gorshenko non avrebbe partecipato al meeting del Consiglio di Sicurezza Nazionale a causa di un‘improvvisa indisposizione, un fatto che sembrava confermare i sospetti di Yelena e Bucky su di lei. Sapeva, forse, che non sarebbe stato salutare per lei essere al Cremlino?
Steve si mosse nella direzione indicata da Devil, verso un particolare furgone; se Mike Rogers era al suo interno l’avrebbe stanato.
Un attimo dopo le cose cambiarono radicalmente: dal suddetto furgone scese una figura arcinota a tutti i presenti. Era inconfondibile, con quella bandiera tatuata in faccia.
<NUKE!> gridò Devil, sorpreso nel riconoscerlo grazie ai suoi inequivocabili segni vitali. <Ma... era morto!> esclamò.
Non poteva sapere che dopo il Vietnam Frank Simpson era entrato nel misterioso Team X, dove gli avevano iniettato una sostanza, ricavata dal sangue del mutante noto come Wolverine, che ne rallentava l’invecchiamento e lo aveva fornito di un parziale fattore di guarigione. Ma d’altronde, non c’era il tempo per le domande: quel pazzo era pericoloso e andava fermato. Devil si lanciò dal tetto, non prima di dire al Soldato d’Inverno:
<Rimani qui. A ore tre. Sta arrivando qualcuno. Dev’essere il nostro uomo.>
E attaccato al suo cavo, planò verso la piazza Rossa.
<DANNATI BOLSCEVICHI!!! ANDATE ALL’INFERNO!> gridava Nuke, mentre sparava in direzione delle forze dell’ordine russe, facendo una strage di poliziotti e agenti della sicurezza.
Devil lo colpì al petto con entrambi i piedi, mandandolo a terra e privandolo dell’arma.
<TU! Dannato traditore!> grugnì Nuke.
I sensi di Devil captavano il suo battito e il suo respiro. Era evidentemente drogato.
“È stato uno degli avversari più duri che io abbia mai affrontato. I suoi ritmi biologici alterati non mi permettono di anticipare le sue mosse.” pensò l’uomo senza paura.
Schivò il suo pugno, e ricambiò il gesto colpendolo alla mandibola con il suo manganello. Il colpo avrebbe frantumato la mascella di un uomo normale, ma Nuke non era di certo un uomo normale. Le sue ossa e i suoi muscoli avevano dei rinforzi cibernetici che lo rendevano quasi insensibile al dolore.
<Tu... sei morto!> gridò al suo avversario.
Quartiere di Foggy Bottom, Washington D.C. Stati Uniti d’America.
Secondo le sue ottime
credenziali, il nome dell’attraente donna dai capelli biondi era Anna
Nikolaievna Amasova, capitano delle Forze Aerospaziali Russe ed agente del
G.R.U.[4]
ovvero il servizio segreto militare
russo. Il suo attuale incarico era di assistente del rezident[5]
del G.R.U. negli Stati Uniti, il Colonnello Anatoly Vladimirovitch Serov, e da qualche tempo ne era anche
diventata l’amante. Era in questa veste, espressione non del tutto corretta,
visto che al momento sotto le lenzuola non indossava niente, che si trovava nell’appartamento di Serov
assieme a lui, che in quel momento aveva in mente ben altro che il sesso.
<Mi hanno accusato di tradimento!> stava dicendo < A me, che ho
servito la Rodina[6]
con dedizione per tutti questi anni! Perché non capiscono che sono stato
incastrato?>
<Non hanno immaginazione, mio caro.> replicò lei carezzandogli il
collo.
<Allora tu mi credi?>
<Perché non dovrei? Chi ti conosce bene sa che non potresti mai
tradire… e poi so per certo che sei innocente perché…> la ragazza sorrise
maliziosamente <… sono stata io ad inviare quei documenti dal tuo
computer.>
<Tu? Ma…>
Serov provò a muoversi e scoprì di non poterlo fare.
La ragazza gli mostrò l’anellino che aveva all’anulare destro.
<Ti ho iniettato una tossina paralizzante ad effetto
rapido.>spiegò <Impossibile da scoprire con le normali analisi. Bisogna
sapere cosa cercare. Il suo effetto durerà quanto basta per consentirmi di fare
quello che devo.>
<Per…> provò a dire Serov.
<Perché?
Perché il Krasnyy Cherep[7] vuole una persona fidata alla testa del G.R.U. in America e quel qualcuno
sono io.>
Serov provò a parlare senza successo.
La donna si alzò dal letto senza curarsi di essere nuda e si infilò un paio di guanti chirurgici presi dalla sua borsa, poi prese la pistola d’ordinanza di Serov, una Makarov PMM, e si avvicinò di nuovo al letto.
Mise la pistola nella mano destra di Serov e serrò il suo dito sul grilletto. Con pazienza e determinazione la donna portò la mano armata dell’ufficiale alla sua tempia.
L’uomo capì cosa stava succedendo ma non poteva farci niente.
La donna pose il suo indice guantato sul grilletto della Makarov sopra di quello di Serov.
<Prima di lasciarci definitivamente, voglio dirti una cosa, Tolya: io non sono il Capitano Anna Nikolaievna Amasova, la vera Anna Nikolaievna a quest’ora è nella pancia dei pesci dell’Oceano Atlantico. Il mio vero nome è Nina Vladimirovna Tsiolkovskya. Vedo dai tuoi occhi che ti suona familiare. Negli archivi del S.V.R.[8] mi troveresti come Compagna X. Non volevo che te ne andassi senza sapere chi ti aveva ucciso.>
Senza attendere oltre spinse il dito di Serov sino a fargli premere il grilletto.
Il rumore dello sparo echeggiò nella stanza. Il sangue e la materia cerebrale di Serov schizzarono dovunque. Senza perdere il sangue freddo, la donna si allontanò dal letto e si recò in bagno, dove fece un‘accurata doccia assicurandosi che non rimanessero tracce. Tornò in camera da letto e si rivestì cancellando poi ogni traccia della sua presenza quindi se ne andò.
Come previsto, nessuno aveva udito lo sparo ed il cadavere non sarebbe stato scoperto sino al lunedì successivo dalla donna delle pulizie. Tutti avrebbero pensato che il Colonnello Anatoly Vladimirovitch Serov si fosse suicidato per il rimorso e la vergogna. Come addetto militare all’Ambasciata Russa Serov godeva di immunità diplomatica e le autorità russe vi si sarebbero appellate per farne rimpatriare alla svelta la salma, bloccando sul nascere qualsiasi approfondita inchiesta della polizia locale o del F.B.I., e lei, nella sua nuova posizione all’Ambasciata, si sarebbe assicurata che andasse proprio così.
Un piano assolutamente perfetto.
Piazza Rossa, Mosca.
Tutti gli occhi dei presenti erano puntati sul “pazzo americano in mimetica” che stava terrorizzando i russi, tranne quelli di Steve Rogers, che erano fissi sul furgone della TV da cui era spuntato Nuke; da lì infatti vide scendere Mike Rogers e Gail Runciter, che cercavano una via di fuga tra i vicoli alle spalle dei palazzi.
<Sono loro, ci siamo! Andiamo Maria!> ordinò Steve.
Togliendosi l’uniforme da agente, si lanciarono al loro inseguimento.
Nella sua lunga carriera Steve Rogers aveva affrontato avversari dalla moralità decisamente più perversa di Mike Rogers, bastava pensare al Teschio Rosso o Viper, ma c’era qualcosa in quest’uomo che lo irritava e lo rendeva particolarmente furioso; forse perché vedeva in lui una versione distorta di se stesso, dei suoi ideali completamente stravolti. Quell’uomo aveva tanto, troppo di cui rispondere, e gli era sfuggito una volta. Non sarebbe successo ancora.
<Rogers! ARRENDITI SUBITO!> urlò.
Michael si voltò vedendo l’odiato cugino.
<Lascialo a me, Gail. Occupati della latina...> disse facendole un cenno, e si avventò su Steve come un cane rabbioso.
<Sei una vergogna per il paese. Un venduto!> sentenziò Steve, colpendo per primo con pugno al viso e uno al costato.
<Blateri stupida retorica da due soldi! Ma cosa sai realmente di questo tuo paese che sostieni con così tanta veemenza eh? Se sapessi le cose che so, bruceresti quella dannata bandiera!> disse Mike ricambiando le “attenzioni” di Steve.
<Runciter. Tutti allo S.H.I.E.L.D. fanno il tuo nome con disprezzo. Sei una traditrice! Fury lo ha sempre detto che eri una delusione...> disse Donna Maria attaccando la sua avversaria.
<Sta zitta!> le rispose la donna <Fury mi ha rovinato la vita, mollandomi al mio destino senza mandarmi alcun soccorso! Tu scommetto che lo idolatri... lo facevo anch’io! Veneravo quell’uomo! E lui mi ha voltato le spalle nel momento del bisogno!>
<Nick lo diceva che eri una che si piange addosso...>
Sui tetti.
Salì sul tetto in modo rapido ma silenzioso, come avrebbe fatto lui. Si piazzò scegliendo il punto con la visuale migliore e piazzò l’arma, esattamente come avrebbe fatto lui.
Il Soldato d’Inverno osservava i movimenti di Crimson Commando quasi ammirato. Ammirazione professionale, si potrebbe quasi dire. Quel Devil sapeva il fatto suo, doveva riconoscerlo: Dio solo sapeva come, aveva previsto esattamente dove e quando Frank Bohannan sarebbe apparso per aspettare il momento giusto per colpire. Solo grazie al suo indispensabile contributo James Buchanan Barnes aveva potuto farsi trovare sul posto in anticipo e cogliere Commando sul fatto. Fosse stato quello d’un tempo, il Soldato d’Inverno avrebbe approfittato del vantaggio per piazzargli una pallottola in testa e Crimson Commando sarebbe morto, ma oggi Bucky Barnes non era più lo spietato sicari dei sovietici... prima che egli fosse in posizione, uscì dal suo nascondiglio e si limitò a puntargli contro una pistola.
<Non muoverti.> disse tenendolo sotto tiro.
<Di nuovo tu. Dobbiamo smetterla di incontrarci sui tetti... > rispose sarcasticamente Commando.
<Stai fermo.> rispose lui. <Devo riconoscere che ve la siete giocata bene... un pazzo con la bandiera americana bene in mostra che fa saltare in aria i pezzi grossi dei russi, e addio ad ogni trattato di pace. Si tornerebbe indietro di trent’anni. Un bel piano, diciamocelo. Ma non è bastato. Vi abbiamo fermati in tempo.>
<Tu dici?> disse Commando con un sorriso perfido sul volto, ed estraendo il pugnale da dietro la schiena, rapido come un fulmine lo lanciò verso Bucky. Era diretto alla gola, ma i riflessi di Barnes furono abbastanza rapidi da evitare che la lama gli si conficcasse nel collo invece che sotto la clavicola.
Bohannan scattò in piedi e lo colpì con un calcio, mandandolo al tappeto, ferito e offuscato dal dolore.
Mentre Buck era a terra gli piazzò un ginocchio sul petto ed estrasse il coltello dalla spalla, facendolo gridare dal dolore.
<Dì addio alla tua faccia, ragazzo...> disse lui, sul punto di ucciderlo.
La lama insanguinata era a pochi centimetri dal lui.
Bucky fu più rapido, conficcandogli un dito nell’occhio sano.
<AAAARGH!!!> questa volta fu Bohannan ad emettere un urlo di dolore, portandosi le mani al viso dolorante.
Bucky se lo scrollò di dosso e afferrandogli il polso sinistro con la sua mano bionica, glielo strinse tanto da romperglielo.
Crimson Commando era a terra e impossibilitato a sparare.
Bucky prese in mano la sua arma e l’esaminò con occhio attento. Bel gingillo, pensò. Provava quasi ammirazione per il suo progettista e per i costruttori… quasi. Sapeva già cosa avrebbe detto Steve: era un’arma troppo pericolosa per permettere che cadesse nelle mani di chiunque. Prese qualcosa dalla sua cintura e l’applicò al fucile, poi, ignorando il dolore prese Crimson Commando per il bavero usando il braccio bionico e lo trascinò via. Pochi attimi dopo il fucile esplose… o meglio: implose disgregandosi assieme al suo proiettile micidiale.
Il Soldato d’Inverno aveva portato a termine la sua missione, pur riportando una brutta ferita.
<Hai appena mandato in fumo quasi un milione di dollari.> gli disse Frank Bohannan.
<Piango dal dispiacere.> commentò Bucky.
In quel mentre la porta del tetto fu abbattuta e i due si ritrovarono sotto il tiro di parecchi agenti della Guardia Nazionale in tenuta antisommossa.
Bucky li guardò valutando la situazione ed alla fine disse, in perfetto Russo:
<Non ho intenzioni ostili. Sono uno dei buoni.>
Non sperava che gli credessero, ma almeno, forse, non gli avrebbero sparato.
Piazza Rossa.
“L’ho colpito ai gomiti e alle ginocchia, ma è come l’altra volta, non riesco a spezzargli nulla.” pensò Devil, mentre proseguiva il suo combattimento contro Nuke “Devono avergli fatto dei miglioramenti dall’ultima volta. Il radar è impazzito: capta segni biologici, ma con parecchia plastica e metallo nelle ossa e nei muscoli. Per quanto forte, è ancora un uomo, e deve pur respirare. Devo togliergli il fiato, colpirlo alla gola prima che sia lui a colpir ...”< UHNG!>
L’anfibio di Nuke lo colpì all’addome, costringendolo a terra. Nuke afferrò il suo fucile e usandolo a mò di clava, colpì Devil alla testa. Il diavolo rosso era in preda all’agonia, i suoi sensi amplificavano tutto, anche il dolore per le ferite. Rimase a terra, impossibilitato a difendersi o a scappare, e Frank Simpson lo teneva sotto tiro, ma prima che potesse tirare il grilletto, un oggetto metallico lo colpì alla tempia.
Era uno dei dischi stordenti di Nomad.
<È quel pazzo furioso con cui mi sono battuto a Rio Valiente.[9] Fate attenzione, è strafatto di qualcosa che gli dà una forza spaventosa!> disse ai suoi compagni, Yelena Belova e il Guardiano Rosso, mentre correvano in aiuto di Devil.
Nuke puntò l’arma contro di loro e sparò una granata esplosiva.
<ATTENTI!!> urlò Yelena.
L’esplosione disperse i tre eroi. Il Guardiano d’Inverno rimase illeso grazie al suo scudo, Yelena riportò qualche escoriazione superficiale, ma Nomad era disteso a terra, sanguinante e privo di sensi.
<JACK!> gridò preoccupata Yelena.
<Occupati di lui!> ordinò il Guardiano d’Inverno <A Nuke ci penso io!>
Nei vicoli.
Lo scontro tra i due Rogers proseguiva.
Nemmeno il boato dell’esplosione nella piazza rossa li aveva distolti dalla loro lotta. Si colpivano con una violenza inaudita, che solamente due supersoldati quali loro erano avrebbero potuto sopportare a lungo. Non era solo una missione; per entrambi c’era un odio personale.
<Continui ad ostacolare i miei piani, come l’altra volta. Non ce ne sarà una terza!> esclamò Mike.
<Questa è l’unica cosa sui cui siamo d’accordo. Finisce qui, e adesso!> ribadì Steve, colpendolo con un montante.
<Cosa diavolo può aver spinto un soldato a diventare uno sporco terrorista? Come fai a non vergognarti di quello che sei diventato?> ribadì Steve.
<Tendi a ripeterti... pensi che insultandomi mi spingerai a raccontarti la mia storia? Non sono un criminale da fumetto... se vuoi delle informazioni da me dovrai strapparmele con la forza!>
<La cosa non mi toglie il sonno.>
Anche Donna Maria e Gail erano ad uno stallo: la loro preparazione da agenti S.H.I.E.L.D. le rendeva lottatrici dello stesso livello e nessuno delle due avrebbe sconfitto l’altra con facilità.
Improvvisamente però l’insolito
quartetto venne circondato da un esercito composto da poliziotti e agenti della
sicurezza .
<Fermi dove siete! Non muovetevi!>[10]
<Agenti, sono loro i terroristi!> disse Steve <Non sono agenti americani, ma terroristi
indipendenti che... >
<Risponderanno a noi. Adesso li prendiamo in custodia.>
A parlare era stato un uomo dal fisico massiccio, calvo e con grossi baffi che indossava la divisa del F.S.B.
Steve lo riconobbe: era Dimitri Bukharin. Quindi i suoi sospetti erano fondati: non era più la Dinamo Cremisi con cui si era incontrato varie volte in passato.
<So che le sarà difficile crederlo, Colonnello Bukharin…> gli
disse ancora <… ma noi siamo dalla
vostra parte.>
<A quanto sembra lei mi conosce ma io non conosco lei. Nonostante il
suo Russo sia eccellente, ho la sensazione che lei sia americano. Sbaglio?>
<Ebbene mi ha scoperto.> replicò Steve passando all’Inglese.
<C.I.A.[11], D.I.A.[12] o che altro?>
<Temo di non poter rispondere a questa domanda.>
<Questo lo vedremo, intanto seguitemi tutti.
Avrebbero potuto scappare facilmente ma Steve scelse di non farlo. Se avesse trovato un modo di risolvere la questione pacificamente, pensò, sarebbe stato meglio per tutti.
Piazza Rossa.
Ben Urich era sconcertato: quando, usando i loro accrediti di giornalisti, lui e Candace Nelson erano entrati nella zona più vicina al Cremlino, non era questo che si aspettavano che sarebbe accaduto.
Ben ricordava fin troppo vividamente la prima volta che aveva visto Nuke. Ricordava la devastazione che aveva portato a Hell’Kitchen, i morti e i feriti che si era lasciato dietro. Ricordava anche di averlo visto morire sulla sua scrivania al Bugle[13] ma evidentemente la notizia della sua morte era stata, per ripetere un vecchio cliché, alquanto esagerata.
Candace afferrò la sua microcamera e cominciò a correre verso il punto dello scontro scattando furiosamente.
<Non fare la stupida, Candace!> le gridò Urich <Ti farai ammazzare!>
Ma la ragazza non l’ascoltava ed alla fine, sbuffando e sospirando, Ben si decise a seguirla.
In un luogo poco distante
Seduti nei sedili posteriori di una lussuosa limousine Mercedes due uomini e una donna stanno seguendo gli eventi.
<Non sono sicura che sia stata
una buona idea mandare quei giornalisti sulla linea del fuoco, Alek.>
dice la donna, alta, slanciata, capelli scuri, che
indossa un elegante tailleur scuro con gonna appena sopra al ginocchio
<Stanno rischiando la vita.>
<Tu non conosci i giornalisti come li conosco io, Alyona.>[14] rispose un uomo dai capelli e barba neri
abbondantemente spruzzati di bianco che dimostrava tra i cinquanta ed i
sessant’anni <Sono come mastini che non mollano l’osso finché non l’hanno
spolpato. Non avrei potuto fermarli nemmeno volendo, così ho pensato fosse meglio agevolarli. Alla fine
faranno i nostri interessi.>
<Se non muoiono prima.> ribatté Yelena Andreievna Brement, Capo della Sicurezza della Kronas
Inc.
<Sei troppo pessimista, mia cara.> replicò Aleksandr Vassilievitch
Lukin, Presidente di quella stessa società poi indicò il cielo dove si
intravedevano delle figure volanti <I
nostri dei locali stanno per intervenire e rimettere le cose a posto.>
Lukin si rivolse all’uomo dal volto affilato e l’occhio destro era
coperto da una benda:
<Se si ti senti pronto, Alexei Mikhailovitch, è ora di fare quella
certa telefonata.>
<Non ne vedo l’ora,> risponde l’uomo con un sorriso ironico
<passami il telefono, Aleksandr Vassilievitch. È l’ora della rivincita.>
Piazza Rossa.
Devil si rialzò a fatica. I suoi sensi erano ancora confusi ma a poco a poco riuscì a mettere a fuoco la situazione. Il Guardiano Rosso stava ancora tenendo a bada Nuke proteggendosi dai suoi colpi furiosi con il suo scudo, mentre la giovane Vedova Nera era china su Nomad. C’era l’odore metallico del sangue nell’aria.
L’Uomo senza Paura stava per raggiungere il Guardiano e dargli una mano quando udì dei suoni inequivocabili. Capì al volo chi stava arrivando e cosa stava per fare e saltò di lato gridando:
-Giù!-
Il Guardiano Rosso saltò agilmente fuori dalla linea di tiro appena in tempo.
Stella Nera imprigionò Nuke in una morsa d’energia oscura e subito dopo si udì una voce alterata elettronicamente che in Russo ordinò:
<<Colpitelo
con tutto ciò che avete! Adesso!>>
La Guardia d’Inverno era arrivata in forze ed i suoi membri eseguirono
l’ordine senza esitare: i repulsori e il raggio pettorale di Airstrike e Dinamo
Cremisi, i tentacoli assassini di Vanguard e i raggi oculari dell’androide Soyuz si abbatterono su Nuke senza lasciargli scampo.
Frank Simpson emise un urlo che al Guardiano Rosso ricordò quello di un
animale ferito e si abbatté al suolo.
Alexi Shostakov si chinò su di
lui. Incredibilmente era ancora vivo. Lo sentì mormorare qualcosa.
<Cosa ha detto?> chiese
perplesso
<Datemi una rossa.> rispose Devil.
Il Guardiano Rosso non capì. Scosse la testa e guardò il nemico
sconfitto. Con gesto spontaneo fece il saluto militare e mormorò:
<Riposo, soldato.>
Alle sue spalle Devil udì il familiare suono di una macchina fotografica che scattava in continuazione. Udì anche due battiti cardiaci e percepì l’odore di un dopobarba e la fragranza di un profumo femminile che gli erano molto familiari: che ci facevano Ben Urich e Candace Nelson a Mosca?
Non era il momento di chiederselo. Era circondato dai supereroi russi e dagli agenti di sicurezza. Sarebbero stati disposti a credere che era uno dei buoni?
Sentì un agente strappare la macchina fotografica a Candace e lei ribattere:
<Questo è un sopruso! Sono una giornalista americana. Protesterò con la mia ambasciata.>
L’uomo replicò, in un Inglese fortemente accentato, con una formula usata anche nei democratici Stati Uniti:
<Spiacente: sicurezza nazionale.>
Matt Murdock percepì anche la presenza di Steve Rogers e degli altri suoi compagni assieme ad altra gente in manette. Era davvero finita, quindi, ma che ne sarebbe stato di loro?
Palazzo del Vecchio Senato, Cremlino.
La riunione del Consiglio di Sicurezza era stata sospesa ed i presenti seguivano l’evolversi degli eventi su vari schermi.
Il cellulare del Presidente squillò. Il numero era sconosciuto ma lui era troppo curioso per non rispondere:
<Chiunque voi siate, come avete fatto ad avere questo numero?> chiese.
<<Riconosce la mia voce, Signor Presidente?>> ribatté una voce d’uomo.
<Alexei Mikhailovitch… certo che riconosco la sua voce. Cosa vuole da me un latitante ricercato?>
<<Ho appena inviato un dossier a tutti i computer dei membri del Consiglio di Sicurezza, compreso il suo.>>
rispose Alexei Vazhin <<Le
consiglio di leggerlo e saprà la risposta a quasi tutte le sue domande.>>
La comunicazione s’interruppe.
Il Presidente non perse tempo: consultò rapidamente il dossier inviato da Vazhin e quando ebbe terminato la lettura rivolse uno sguardo di ghiaccio verso il Direttore del F.S.B. Vladimir Maksimovitch Menikov e disse:
<Trovatemi il numero di Dimitri Pavlovitch Bukharin. Subito.>
Piazza Rossa.
A Steve Rogers bastò un’occhiata per rendersi conto della situazione. Dal lato opposto della Piazza stavano arrivando il Soldato d’Inverno e Crimson Commando ed erano chiaramente entrambi feriti. Brutto affare: se le autorità non avessero creduto che non solo lui e la sua squadra non erano complici degli attentatori ma addirittura avevano sventato l’attentato, scappare sarebbe stato molto complicato.
Fu il Guardiano Rosso a sbloccare la situazione o almeno a provarci.
<Lasciate andare questi due.> intimò indicando Steve e Maria <E anche lui.> indicò Bucky Barnes <Mi hanno aiutato a sventare l’attentato.>
<E come posso crederti, Guardiano?> ribatté Dimitri Bukharin <Ultimamente hai tenuto comportamenti che fanno dubitare della tua lealtà.>
<Non m’importa cosa credi: tu non arresterai questi uomini e questa donna. Io te l’impedirò.>
Airstrike si fece avanti e quello che disse sorprese tutti i presenti, compresi i suoi compagni di squadra:
<<Temo di essere d’accordo con lui, Compagno Bukharin.>>
<E anch’io.> aggiunse Yelena
<Voi dovete essere impazziti.> ribatté Bukharin.
La tensione era alta, ma improvvisamente il cellulare di Bukharin
squillò e dopo aver visto il numero lui si affrettò a rispondere :
<Signor Presidente… sì,
capisco. Lo farò immediatamente.>
chiusa la comunicazione Bukharin si rivolse ai presenti:
<Il Presidente ha garantito
un salvacondotto per gli agenti americani e Natalia Alianovna Romanova.
Potranno andarsene con la nostra gratitudine. Gli attentatori resteranno in
nostra custodia. Devono rispondere dei loro crimini alla Giustizia Russa e
raccontarci molte cose sul complotto.>
Ripeté il discorso in Inglese e
finalmente la tensione si sciolse per tutti.
Il Guardiano Rosso si chinò verso Airstrike e gli sussurrò:
<Grazie del sostegno, non lo dimenticherò.>
<<Ed io farò in modo che non te lo dimentichi, compagno.>> ribatté
l’altro con una risatina.
Nuke fu caricato in una
specie di ambulanza e portato via a sirene spiegate, impossibile dire con
certezza se fosse vivo o morto. Crimson Commando, ben
incatenato, fu sistemato in un veicolo simile. Mike Rogers e Gail Runciter
furono, invece, caricati su un furgone cellulare.
Mentre vi saliva dietro
alla sua compagna, Mike si voltò verso Steve con un sorrisetto insolente in
volto.
<Dasvidanya, tovarish!> esclamò sarcastico <Ancora una volta
lo zio Sam può baciarmi le chiappe!> aggiunse riferendosi al fatto che era
scampato all’arresto da parte delle autorità americane.
Steve era irritato.
Pochi, forse nessuno, dei suoi avversari erano in grado di irritarlo tanto.
<Lo sai anche tu che
questi rossi non mi caveranno nessuna informazione né mi tratterranno a lungo.
Hai sventato il mio piano ma non sei davvero riuscito a catturarmi!>
<Ti ho fermato in
Centro America[15] e ti ho fermato oggi. Sta pur certo che sarò
lì a fermarti anche la prossima volta.> gli rispose Steve.
Il Guardiano Rosso gli si
rivolse:
<È ora di andare,
Comandante Rogers. Abbiamo impedito che il presidente venisse assassinato e i
cattivi sono in manette. Puoi essere soddisfatto, come vedi.>
Steve si guardò intorno e
rispose:
<Non del tutto, Alexi
Alanovitch, lo sarò solo quando i pazzi come lui saranno definitivamente
fermati. >
<Ci vorrà molto tempo,
temo.> sospirò amaro il russo.
<Forse.> ribadì Steve < Ma con gente come te a
lottare, possiamo sperare che quel giorno si avvicini sempre più.>
Un ospedale militare poco fuori Mosca.
Li avevano portati tutti.
Sotto scorta della Guardia d’Inverno,in questa struttura gestita dal G.R.U.
dove i medici si erano subito presi cura del Soldato d’Inverno e di Nomad.
Bucky aveva perso molto
sangue ma per fortuna la ferita alla spalla non era davvero grave. Fu
disinfettata e bendata per bene.
<Si ricordi di
rinnovare la medicazione tra tre o quattro giorni.> gli raccomandò il
medico.
<Me ne ricorderò
sicuramente, Dottore.> replicò lui sforzandosi di sorridere.
Se il dottore aveva delle
curiosità sul braccio bionico del Soldato d’Inverno, se le tenne per sé. Era un
ufficiale dopotutto e sapeva bene che se il G.R.U. diceva di non fare domande,
era meglio non farne.
Dalla branda davanti alla
sua saltò giù Nomad: era stato a lungo privo di sensi, ma a parte qualche
escoriazione e una ferita alla testa segnata da un grosso cerotto, non sembrava
aver riportato gravi conseguenze.
<Lei ha delle facoltà di recupero
straordinarie.> commentò il medico.
<Merito di una vita sana.> replicò lui.
E del siero del supersoldato che gli scorreva nelle vene, ovviamente, ma questo non lo disse al dottore.
Devil lo aveva “osservato” a lungo, grazie ai suoi ipersensi, e rassicurò Steve sulle condizioni del suo alleato:
<Il tuo amico sta bene. Le ossa e gli organi interni sono illesi, non hanno riportato danni permanenti. Non ha una l commozione cerebrale. Ha perso molto sangue, ma niente che non si curi con una settimana di riposo.>
<Grazie Devil. Non sai quanto mi rincuora sentirtelo dire.>
Steve Rogers era infatti molto contento che i suoi amici stessero bene, ma altre preoccupazioni occupavano la sua mente.
Dimitri Bukharin intervenne improvvisamente:
<Il Presidente ha preso alcune decisioni che vi riguardano: innanzitutto in ringraziamento di quanto avete fatto per salvargli la vita verrà chiuso un occhio sul vostro ingresso illegale in territorio russo.>
<Che generosità.> commentò, sarcastico, Nomad.
Bukharin proseguì:
<Le accuse contro Natalia Alianovna Romanova sono state ritirate e potrà partire con voi. L’Agente Vedova Nera vi accompagnerà per assicurarsi che lasciate effettivamente il territorio della Rodina.>
Bucky e Yelena si scambiarono una strizzatina d’occhio.
<E i vostri prigionieri?> chiese Steve riferendosi ai sopravvissuti del gruppo di Mike Rogers.
<Hanno tentato di uccidere il nostro Presidente ed il Primo Ministro, per tacere di tutti coloro che sarebbero morti se avessero usato quella loro superarma. Saranno giudicati da un Tribunale russo e condannati alla giusta pena assieme a tutti i cospiratori russi che individueremo.>
Steve non era entusiasta di lasciare i suoi nemici in mano ai Russi ma era consapevole di non poterci fare niente. Se solo avesse potuto parlare con Mike Rogers, capire… ma era inutile recriminare: se non altro aveva messo fine alla sua minaccia… almeno per ora.
Il Guardiano Rosso gli si avvicinò e gli disse:
<È stato un onore combattere al tuo fianco, Comandante, chiunque tu sia veramente.>
Steve sorrise e replicò:
<Anche per me, Guardiano. La Russia è fortunata ad averti tra i suoi paladini.>
<Non è un paese perfetto ma è il mio e lotterò perché sia migliore, te lo posso giurare.>
<Che è quello che ognuno di noi dovrebbe fare per il proprio paese.> ribatté <Non è sempre facile ma dobbiamo almeno provarci.>
Aeroporto Internazionale di
Sheremetevo, Mosca.
Il jet con il logo della Kronas Inc. decollò dolcemente dalla pista e
fece rotta per gli Stati Uniti d’America.
A bordo due giornalisti americani.
<Se non altro torniamo a casa in prima classe.> commentò Ben
Urich <Lukin è stato molto generoso a darci un passaggio sul suo aereo. Jonah[16]
sarà contento: abbiamo materiale per un bell’articolo. Peccato che ci abbiano
portato via la tua fotocamera. Le foto che abbiamo perso sarebbero state
spettacolari.>
<Non essere troppo sicuro che siano perse.> ribatté Candace Nelson estraendo dalla borsetta una memory card.
<Ma come hai fatto?> esclamò, sorpreso, Urich.
Candace fece un sorrisetto divertito e rispose:
<Ti ho mai detto che una volta uscivo con un prestigiatore?>
Ben scoppiò in una sonora risata.
EPILOGO UNO
Dacia del Colonnello
Aliaksiej Aliaksiejvich Ramanchuk.
Andrei Rostov rientrò precipitosamente in casa. Come aveva potuto andare
tutto così storto? Eppure aveva pianificato tutto in ogni dettaglio. Ancora una
volta Natasha aveva rovinato i suoi piani costringendolo ad una precipitosa
fuga. Avrebbe dovuto ucciderla quando ne aveva avuto la possibilità. Non
sarebbe stato così sentimentale la prossima volta. Ora, però, doveva sbrigarsi
a scappare: la sua copertura come colonnello del K.D.B.[17]
bielorusso in visita era caduta e la sua vera identità era ormai nota. Era solo
questione di tempo prima che gli agenti del F.S.B. o di qualche altra agenzia
venissero a cercarlo ma lui non si sarebbe fatto trovare.
Il suono della porta che si apriva lo fece voltare di scatto.
Sulla soglia c’era la familiare figura di Vladimir Illiych Ulianov.
<Ah, sei qui .> disse Rostov <Porta in macchina le valigie. Al
resto penso io.>
L’uomo soprannominato Lenin avanzò all’interno rivelando alle sue spalle
la presenza di una donna non più giovane ma ancora attraente dai lunghi capelli
biondi che indossava un vestito scuro-.
<Irina ?> esclamò, sorpreso, Rostov <Cosa…?>
<Mi dispiace Andrei Andreievitch.> disse Irina Dimitrievna Gorshenko,
Presidente del Consiglio della Federazione[18]
<Ci ho pensato bene e con David Ferrari fuori dai giochi,[19]
tu sei l’unico che può collegarmi al complotto. Senza di te nessuno potrà
accusarmi.>
Lenin estrasse una Stechkin
APB con silenziatore incorporato.
<È così, dunque.> constatò Rostov amaramente <Ti sei
venduto.>
Irina Dimitrievna abbozzò un sorriso e disse:
<Vladimir e suo fratello Vassily mi sono sempre stati fedeli.>
Rostov cercò di impugnare la sua pistola ma non fu abbastanza veloce.
Si udirono due “plop” e Andrei Rostov cadde a terra con un tonfo.
<Addio Andrei Andreievitch.> lo salutò beffardamente Irina
Gorshenko chiudendosi la porta della dacia alle spalle.
EPILOGO DUE
Appartamento di Vladimir Maksimovitch
Menikov, Mosca.
Vladimir Menikov si svegliò di colpo da un sonno agitato e la prima cosa
che vide fu Natalia Alianovna Romanova, l’originale Vedova Nera, china su di
lui.
<Ciao, Vova.>[20]
gli sussurrò <Ti avevo detto
che una volta uscita dalla Lubyanka sarei venuta a farti una visita che non
avresti dimenticato.[21] Il
momento tanto atteso è arrivato.>
Menikov riuscì solo a dire:
<Tu… come …>
<Come ho fatto a superare le tue guardie di sicurezza? È stato un
gioco per una ragazza in gamba come me, ma sta tranquillo: non ho fatto loro
del male. Il mio obiettivo sei solo tu.>
<Mi ucciderai?>
Natasha sorrise divertita e rispose:
<Oh, no! Ho in mente qualcosa di diverso: ti farò diventare una star,
mio piccolo Vova. Ora chiudi gli
occhi. Farà male solo per un secondo.>
Menikov sentì un dolore acuto alla tempia sinistra dove lo colpì una
scarica a bassa intensità di Morso di Vedova e perse i sensi.
Al risveglio lei non c’era più e
lui capì cosa intendeva dire. Avrebbe
voluto urlare ma aveva la bocca serrata.
Le immagini di Vladimir Maksimovitch Menikov ammanettato nudo ai quattro
angoli del suo letto con la bocca serrata da un morso di quelli usati nelle
pratiche sadomaso mentre, incaprettata ai piedi dello stesso letto, c’era,
anche lei nuda, una ragazza dai capelli rossi e il volto coperto da un
cappuccio, fecero il giro del web in pochi minuti diventando virali. I
tentativi delle autorità russe di bloccarne la diffusione in patria e fuori
furono completamente inutili.
EPILOGO TRE
Nell’aereo che riportava
lui ed i suoi compagni a casa Steve Rogers rifletteva sugli ultimi, convulsi,
eventi.
Avevano sventato un complotto internazionale,
neutralizzato pericolosi nemici e salvato due amici in difficoltà - il suo
sguardo si posò su Natasha che riposava con la testa sulla spalla di Devil - ma
non era completamente soddisfatto: Bucky e Jack avevano riportato delle ferite,
per quanto fortunatamente non gravi, e quel Mike Rogers gli era sfuggito
nuovamente. Si, era riuscito a farlo imprigionare, ma c’erano troppe cose di
cui quell’uomo doveva rispondere, troppi misteri da svelare, e in questo
momento ogni tipo d’interrogatorio gli era precluso. C’erano ancora dei punti
in sospeso da risolvere, e la questione tra loro era ben lungi dall’essere
chiusa... prima o poi, ne era certo, ogni nodo sarebbe venuto al pettine Era
solo questione di tempo... ma per ora,
era contento di tornare a casa.
FINE
NOTE DEGLI AUTORI
E così termina la nostra
saga russa. Vi è piaciuta? Speriamo di sì, noi ce l’abbiamo messa tutta per
lasciarvi soddisfatti.
Nel prossimo episodio si
cambia completamente registro e l’obiettivo si focalizzerà su Nomad e… Luke
Cage? Non mancate.
Carlo & Carmelo
[1] Federal'naya Sluzhba
Bezopasnosti. Servizio di Sicurezza interna della Federazione Russa.
[2] In quanto figlio di Ivan Petrovitch, padre
affidatario di Natasha.
[3] Vedi ancora The Others # 48.
[4] Glavnoye Razvedyvatel'noye
Upravleniye. Direzione Principale Informazioni.
[5] Capo della sezione permanente in un paese
straniero di uno dei servizi segreti russi.
[6] Patria in Russo.
[7] Teschio Rosso in Russo.
[8] Sluzhba Vneshney Razvedki, Servizio Informazioni dall’Estero della
Federazione Russa.
[9] Negli episodi #11/12.
[10] In Russo nel testo.
[11] Su, che lo sapete. -_^
[12] Ok, questa forse no: Defense Intelligence Agency.
[13] Tutto narrato con vividezza di particolari su
Daredevil Vol. 1° #233 (In Italia su Fantastici Quattro, Star Comics, #43).
[14] Vezzeggiativo per Yelena o Elena
[15] Negli episodi #9/12.
[16] J. Jonah Jameson, editore del Daily
Bugle.
[17] Kamitet Dziaržaǔnaj Biaspieki. Comitato per la Sicurezza dello Stato IN Bielorusso.
[18] Equivalente del Senato
nel Parlamento Russo.
[19] È “scomparso” in Marvelit Team Up #33.
[20] Diminutivo di Vladimir usato in Russo in contesti
in cui si vuol sottolinea la familiarità stretta, l’intimità.
[21] Su Devil & la Vedova Nera #82 per la
precisione.